Impresa artigiana
La piccola impresa e soprattutto l’impresa artigiana e l’impresa agricola godono di una copiosa legislazione speciale di ausilio e di sostegno (creditizia, lavoristica, tributaria), emanata in attuazione del dettato degli articoli 44 e 45 2°comma della Costituzione (la legge aiuta la piccola e media impresa; la legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato). Tali leggi speciali spesso prevedono autonomi criteri di identificazione delle imprese destinatarie non coincidenti con quelli fissati dall’articolo 2083. Resta fermo che, per stabilire se un dato imprenditore è esonerato dal fallimento perché titolare di una piccola impresa, si deve guardare solo alla prevalenza del lavoro familiare nel processo produttivo (articolo 2083). Questo principio subiva però fino a qualche tempo fa un’eccezione per quello che riguarda l’impresa artigiana. L’artigianato era regolato dal r.d. 1130 del 1926. L’articolo 5 di questo regio decreto considerava artigiani gli esercenti per proprio conto di una piccola industria nella quale essi lavorano. I requisiti richiesti da questa legge affinché un artigiano possa essere considerato tale erano: l’industrialità e la partecipazione diretta e manuale del titolare dell’impresa. La legge N° 860 del 25.7.1956, contenente norme per la disciplina giuridica delle imprese artigiane, affermava espressamente che l’impresa rispondente ai ‘requisiti fondamentali ’ nella stessa fissati era da considerarsi artigiana ‘a tutti gli effetti ’ e quindi anche agli effetti civilistici e fallimentari (non si doveva tener conto delle definizioni del codice civile e della legge fallimentare). La nozione speciale sostituiva perciò quella del codice e della legge fallimentare ed inoltre delineava un modello di impresa artigiana non conciliabile con quello del codice civile.
Infatti in base all’articolo di questa legge, era artigiana l’impresa che risponde ai 3 requisiti fondamentali:
a) che abbia per scopo la produzione di beni o la prestazione di servizi, di natura artistica o usuale
b) che sia organizzata ed operi con il lavoro professionale, anche manuale, del suo titolare e eventualmente con quello dei suoi familiari
c) che il titolare abbia la piena responsabilità dell’azienda e assuma tutti gli oneri e i rischi inerenti alla sua direzione e alla sua gestione;
Il dato caratterizzante dell’impresa artigiana risiedeva quindi nella natura ‘artistica o usuale’ dei beni o servizi prodotti e non più nella prevalenza del lavoro familiare nel processo produttivo. Perciò, rispettati i limiti per il personale dipendente fissati per alcune attività artigiane, l’impresa doveva ritenersi artigiana e sottratta al fallimento anche quando non era più rispettato il criterio di prevalenza. L’articolo 2 della legge prevedeva che l’imprenditore artigiano poteva avvalersi di personale dipendente purché personalmente guidato e diretto; e ciò senza limitazioni di numero per le imprese che lavoravano nei settori artistici, tradizionali e dell’abbigliamento su misura e con limiti variabili per le altre imprese. Non costituiva ostacolo al riconoscimento della qualità artigiana l’utilizzazione di macchinari e di fonti di energia.
La qualifica artigiana era riconosciuta anche alle imprese costituite in forma di società, purché si trattasse delle società cooperative o in nome collettivo ed alla condizione ulteriore che ‘la maggioranza dei soci partecipi personalmente al lavoro nell’impresa’, e che ‘il lavoro abbia funzione preminente sul capitale ’. Perciò in deroga all’articolo 1 della legge fallimentare, le società artigiane dovevano considerarsi esonerate dal fallimento, posto che la qualifica artigiana operava a tutti gli effetti di legge e quindi anche agli effetti del fallimento. La legge 860 del 56 è stata abrogata dalla ‘legge quadro per l’artigianato’ N°443 del 8.8. 1985, che ha realizzato una grande frattura rispetto alla legge del ’56. In base a questa legge è imprenditore artigiano chi esercita professionalmente un’attività organizzata al fine della produzione di beni o servizi purché:
a) non si tratti di attività agricola, di prestazioni di servizi commerciali, di intermediazione nella circolazione dei beni o ausiliarie di queste ultime, di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, salvo il caso che siano solamente strumentali e accessorie all’esercizio dell’impresa
- questo è il primo criterio che si basa quindi sull’oggetto dell’impresa
b) secondo criterio si basa sul ruolo dell’artigiano nell’impresa. Si richiede che esso svolga in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo, ma non che il suo lavoro prevalga sugli altri fattori produttivi (articolo 2, 1° comma).
Articolo 1 dice che in conformità all’articolo 117 della Costituzione (modificato con la riforma del Titolo V.
della Costituzione) le regioni emanano norme legislative in materia di artigianato nell’ambito dei principi della legge quadro fatte salve le specifiche competenze delle regioni a statuto speciale (Sicilia) e delle province autonome. Per le regioni ordinarie- spetta alle regioni l’adozione dei provvedimenti diretti alla tutela ed allo sviluppo dell’artigianato. Questo articolo dice inoltre che le regioni esercitano le loro funzioni amministrative delegandole agli enti locali (comuni). Articolo 2 ci dà proprio la definizione dell’imprenditore artigiano: è imprenditore artigiano colui che esercita personalmente, professionalmente e in qualità di titolare, l’impresa artigiana, assumendone la piena responsabilità con tutti gli oneri ed i rischi inerenti alla sua direzione e gestione e svolgendo in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo (criterio che si basa sul ruolo dell’artigiano nell’impresa). Lo stesso articolo dice anche che l’accesso del singolo imprenditore all’attività artigiana è libero, però l’ultimo comma in realtà pone un certo limite per quello che riguarda l’esercizio di particolari attività che richiedono una peculiare preparazione ed implicano responsabilità a tutela e garanzia degli utenti. In questo caso l’imprenditore deve essere in possesso dei requisiti tecnico- professionali previsti dalle leggi statali (per es. estetista, impiantista,...)
Articolo 3 ci dà la definizione di impresa artigiana. Dice è impresa artigiana l’impresa che, esercitata dall’imprenditore artigiano nei limiti dimensionali abbia per scopo prevalente lo svolgimento di un’attività di produzione di beni, anche semilavorati, o di prestazione di servizi, escluse le attività agricole e le attività di prestazione di servizi commerciali, di intermediazione di beni o di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande salvo il caso che siano solamente strumentali e accessorie all’esercizio dell’impresa. Questo è il criterio che si basa sull’oggetto dell’impresa. È scomparso qualsiasi riferimento alla natura artistica o usuale di beni o servizi prodotti e si qualificano artigiane anche le imprese di costruzioni edili e di trasporto.
(articolo 4, lettera e).
La legge nel secondo comma di questo articolo afferma la qualifica artigiana delle imprese costituite in forma di società cooperativa o in nome collettivo a condizione che la maggioranza dei soci, ovvero uno nel caso di due soci, svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo e che nell’impresa il lavoro abbia funzione preminente su capitale- il lavoro in generale e non quello prestato dai soci!
Con la legge N°133 del 1997 la qualifica di impresa artigiana è stata estesa dapprima alla società a responsabilità limitata unipersonale ed alla società in accomandita semplice, purché il socio unico o tutti i soci accomandatari siano in possesso dei requisiti previsti per l’imprenditore artigiano e non siano nel contempo socio unico di un’altra società a responsabilità limitata o socio di un’altra società in accomandita semplice. Con la legge N°57 del 2001 la qualifica di impresa artigiana è stata estesa anche alla società a responsabilità limitata pluripersonale, a condizione che la maggioranza dei soci, oppure uno nel caso di due soci, svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo e detenga la maggioranza del capitale sociale e degli organi deliberanti della società.
La categoria delle imprese artigiane individuali o societarie è stata quindi notevolmente ampliata, per tipologia e dimensioni, rispetto alla legge precedente. L’ultimo comma di questo articolo dice che l’imprenditore artigiano può essere titolare di una sola impresa artigiana. Nelle legge quadro continuano ed essere imposti limiti per quanto riguarda i dipendenti (parlo dell’articolo 4 di questa legge). Il numero massimo- variabile da settore a settore- è generalmente più elevato di quello fissato dalla vecchia legge del ‘56.
I limiti dimensionali per l’impresa che non lavora in serie sono di 18 dipendenti compresi gli apprendisti in numero non superiore a 9; il numero massimo dei dipendenti può essere elevato fino a 22 a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti. Invece per le imprese che lavorano in serie purché con la lavorazione non del tutto automatizzata, il numero massimo è di 9 dipendenti compresi gli apprendisti in numero non superiore a 5 (può essere elevato a 12 a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti). Diversamente dalla legge del 56 è però fissato un limite massimo per le imprese che operano nei settori delle lavorazioni artistiche, tradizionali e dell’abbigliamento su misura: il limite massimo è di 32 dipendenti compresi gli apprendisti in numero non superiore a 16, ed elevabile fino a 40, a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti. Per le imprese di trasporto il limite è di 8 dipendenti e per le imprese di costruzioni edili 10 dipendenti compresi gli apprendisti in numero non superiore a 5 (può essere elevato a 14 se le unità aggiuntive sono apprendisti). Però ai fini del calcolo del limite massimo sono compresi i familiari che lavorano stabilmente nell’impresa, ma sono esclusi i lavoratori a domicilio e anche i portatori di handicap.
La generale elevazione del numero massimo dei dipendenti consente di conservare la qualifica artigiana anche raggiungendo le dimensioni di una non troppo piccola industria di qualità.
Articolo 5 dice che è istituito un albo provinciale delle imprese artigiane al quale sono tenute ad iscriversi tutte le imprese aventi i requisiti richiesti da questa legge. Dice anche che l’iscrizione all’albo è costitutiva e condizione per la concessione delle agevolazioni a favore delle imprese artigiane. Ma dobbiamo dire che l’iscrizione non è uno scudo di protezione per essere sottratto dalle procedure di fallimento. Lo stesso articolo al penultimo comma dice che nessuna impresa può adottare una denominazione in cui ricorrano riferimenti all’artigianato se essa non è iscritta all’albo delle imprese artigiane.
L’impresa artigiana certamente si caratterizza ancora per il rilievo del lavoro personale dell’imprenditore nel processo produttivo. Da nessuna norma della legge speciale si può desumere che debba necessariamente ricorrere anche la prevalenza del lavoro proprio e dei componenti di famiglia sul lavoro altrui e sul capitale investito, come è invece richiesto dall’articolo 2083 del codice civile per il riconoscimento della qualifica di piccolo imprenditore (infatti è difficile che si abbia prevalenza funzionale del lavoro dell’artigiano in un impresa di trasporto con 8 dipendenti, in un’impresa edile di 10 dipendenti, o in una sartoria con 40 dipendenti, che pure sono qualificate imprese artigiane).
È fondamentale che la legge del 85 non afferma più che l’impresa artigiana è definita a tutti gli effetti della legge. Anzi, lo scopo esclusivo della legge quadro è quello di fissare i principi direttivi che dovranno essere osservati dalle regioni nell’emanazione di una serie di provvidenze a favore dell’artigianato (art. 1, 2°comma). Inoltre, secondo l’articolo 13, 6° comma della legge le norme della legge quadro non si applicano nel territorio delle regioni a statuto speciale e delle province autonome che abbiano competenza primaria in materia di artigianato e formazione professionale. La legge quadro quindi non opera su tutto il territorio nazionale. Oggi il riconoscimento della qualifica artigiana in base alla legge quadro non basta per sottrarre l’artigiano allo statuto dell’imprenditore commerciale- è necessario altresì che sia rispettato il criterio di prevalenza fissato dall’articolo 2083. In mancanza, l’imprenditore sarà artigiano ai fini delle provvidenze regionali, ma dovrà qualificarsi imprenditore commerciale non piccolo ai fini civilistici e quindi potrà fallire. Né costituisce ostacolo alla dichiarazione di fallimento il riconosciuto carattere costitutivo dell’iscrizione nell’albo delle imprese artigiane.
Anche l’esonero delle società artigiane dal fallimento si deve ritenere cessato. Oggi infatti non è più possibile sostenere che la legislazione speciale in tema di artigianato configura deroga al principio fissato dall’articolo 1, 2° comma della legge fallimentare che dice: in nessun caso sono considerati piccoli imprenditori le società titolari di imprese commerciali. Non è più possibile sostenere che questa parte della norma fallimentare sia stata implicitamente abrogata per le sole società artigiane, dato che la legge del 1985 opera solo ai fini della normativa di agevolazione. (una società artigiana godrà di provvidenze di cui godono le altre imprese artigiane, ma in caso di dissesto fallirà al pari di ogni altra società che esercita attività commerciale- altro è la prevalenza del lavoro sul capitale richieste per le società artigiane; altro è la prevalenza del lavoro familiare su tutti gli altri fattori produttivi richiesta per il piccolo imprenditore)
La contrapposizione fra le imprese artigiane ed imprese industriali, periodicamente riproposta per giustificare l’esonero dal fallimento delle società artigiane, non corrisponde alle scelte del legislatore. Non è cioè sostenibile che le imprese artigiane, rispondenti ai requisiti fissati dalla legge del 1985, siano imprese civili e non commerciali per difetto dell’industrialità. La qualificazione delle imprese artigiane come imprese civili è respinta dalla dottrina prevalente.
Oggi come anche prima, l’imprenditore artigiano non è che un piccolo industriale e quindi, giuridicamente, rientra nella categoria degli imprenditori commerciali, come emerge anche dal fatto che alcune delle attività esercitabili dall’impresa artigiana sono espressamente ricomprese nell’elenco delle attività commerciali (articolo 2195).
In conclusione, al pari di ogni imprenditore commerciale, l’imprenditore artigiano individuale sarà esonerato dal fallimento solo se in concreto ricorre la prevalenza del lavoro familiare. L’impresa artigiana in forma societaria sarà invece sempre esposta al fallimento in applicazione della parte restata in vigore dell’articolo 1, 2° comma della legge fallimentare.
Zdroje:
G.F.Campobasso- Diritto Commerciale, UTET- Torino, 2003 -
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