TEMA: La roba
Questa novella fa parte della raccolta “Novelle rusticane”, pubblicata nel 1883. Il tema della bramosia di possesso, della “roba”, sembra caro al Verga che lo trattò più ampiamente nel “Mastro don Gesualdo”. La roba è simbolo di benessere economico, di una ricchezza che non si misura in denaro, ma in pascoli, terre, fattorie, magazzini ricolmi, animali; e Mazzarò, che con tenacia e sacrificio è riuscito ad accumularne tanta, assume una statura a suo modo eroica, anzi tragicamente eroica.
In un paesaggio vasto, sconfinato, sin dall’inizio della novella campeggia con la sua figura il protagonista, un contadino siciliano padrone di grandi tenute, assetato solo unicamente di terra. La figura di Mazzarò, ingigantita dall’immaginazione, si ridimensiona in un’unica parola: un “omiciattolo” che come in un palcoscenico si muove nello scenario grandioso delle sue campagne. Tutta la sua vita è legata alla terra ed egli vive per la terra, divenuta la sua ossessione, tanto da non trovare mai né pace né gioia. Così, quando si avvicina il tempo di doverla lasciare per sempre “per pensare all’anima”, la sua mente vacilla, il suo animo viene invaso dal furore di una cieca follia. Il Verga inquadra il personaggio nella realtà storico sociale della sua epoca, quando l’unica vera forma di ricchezza consisteva nel possesso della terra. Ma questo possesso per Mazzarò diventa una forma di alienazione dalla realtà, per cui il personaggio quasi vive in un mondo di leggenda, e in questo suo mondo senza affetti, privo di sentimenti, alla fine del racconto egli scompare drammaticamente gridando “Roba mia, vieni con me”, quasi schiacciato, vinto dalla sua stessa ossessione. Mazzarò rivivrà nel protagonista del romanzo “Mastro don Gesualdo”, che come lui riesce da povero “caruso” a farsi ricco e al pari di lui considera la roba come qualcosa di sacro. Ma mentre in Mazzarò si vede un animo arido ed elementare, chiuso nel suo esclusivo amore per ciò che materialmente possiede ed è riuscito a realizzare al prezzo di sudore e di sacrifici durissimi, Don Gesualdo manifesta un’umanità incomparabilmente più ricca, che sa aprirsi a sentimenti di pietà, d’affetto, di riconoscenza, anche se la sua esistenza è dominata dalla “religione della roba”.
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