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Globalizzazione- intervista immaginaria
Dátum pridania: | 15.03.2003 | Oznámkuj: | 12345 |
Autor referátu: | Sika | ||
Jazyk: | Počet slov: | 1 383 | |
Referát vhodný pre: | Stredná odborná škola | Počet A4: | 5.3 |
Priemerná známka: | 2.97 | Rýchle čítanie: | 8m 50s |
Pomalé čítanie: | 13m 15s |
Oggi, paradossalmente, un uomo dovrebbe considerarsi "ricco" secondo il numero delle cose che può concedersi di non fare o di non possedere.
Sembra evidente che le diverse dimensioni dello sviluppo sostenibile non possono fare a meno di realizzarsi, pena la sua invalidità, su di un ambito internazionale, che coinvolga tutti i Paesi del mondo intero.
I profondi processi di globalizzazione dell'economia, che spingono, ad esempio, verso scelte di sviluppo urbano distanti dai bisogni e dall'identità locale delle città, determinano una serie di "regionalismi" con una richiesta pressante da parte delle comunità locali di rispetto per le proprie differenze socioculturali, dei loro modi di vivere e abitare, che a volte sfociano in conflitti dolorosi, anche di carattere bellico.
Tu sei solito sottolineare che per le nazioni più povere si delineano due opposti scenari.
Sì. Nel primo caso, i Paesi poveri possono prendere in prestito il processo di industrializzazione dei paesi del Nord per raggiungerli nell'arco di alcune decine di anni: prima arriverà l'industria pesante affamata di energia, successivamente l'industria manifatturiera, che inizierà la ricerca del miglioramento delle tecniche ed infine le produzioni ad alta tecnologia. Le conseguenze di questo scenario sono incalcolabili: in meno di dieci anni il decollo di Africa, America del Sud e del Sudest asiatico darebbe fondo alle riserve petrolifere.
In base al secondo scenario…. Il secondo scenario richiama il "salto della rana": i Paesi poveri possono tentare di bruciare le tappe del loro sviluppo per raggiungere direttamente il livello tecnico di produzione dei Paesi sviluppati, grazie ad un massiccio trasferimento di tecnologie pulite.
Alcuni economisti ritengono di trovare una risposta al problema dello sviluppo sostenibile nel funzionamento del mercato. Sostengono che a certe condizioni è il mercato che porta alla sostenibilità: se, infatti, ci fosse un uso troppo intenso di una risorsa esauribile, la sua scarsità relativa farebbe aumentare il prezzo e questo porterebbe a una riduzione della domanda, riequilibrando il sistema. Altri, però, più prudentemente, ritengono necessario integrare l'azione del mercato con qualche forma di indirizzo pubblico. Il problema di una regolamentazione è sollevata da più parti. Rifkin, ad esempio, prefigura un futuro dominato dall'inquinamento genetico. Anche se il ventunesimo secolo è spesso definito "il secolo dell'informatica", per Rifkin, la materia prima del mercato più importante del prossimo secolo saranno i geni: questi non saranno utilizzati solo in agricoltura, nell'allevamento e nella medicina, ma anche per produrre materiali da costruzione o come risorse energetiche. Questione fondamentale è, quindi, quella che riguarda i brevetti dei geni, una tappa di importanza cruciale, perché si potrebbe stabilire che la vita può essere brevettata e commercializzata. Ciò comporterebbe il problema di quale sia il senso della vita, cosa che non può essere delegata al mercato.