Quando si parla di catastrofi naturali, il primo pensiero va allo tsunami che ha profondamente colpito il sud est asiatico alla fine dell’anno scorso. Ma per catastrofe naturale non è giusto indicare solo lo tsunami. I terremoti, gli uragani, ma anche la siccità, sono solo alcuni tra i più ricorrenti esempi di catastrofi naturali che ogni anno colpiscono varie parti della terra. Ma non è solo la natura a provocare questi disastri, spesso la colpa è anche dell’uomo. È doveroso ricordare, per esempio che nei Paesi meno sviluppati, i fattori umani non fanno che aggravare le “catastrofi naturali”: per questo, ad esempio, le siccità vanno spesso di pari passo con le guerre civili. Ma anche in presenza di fenomeni di siccità ambientali, la causa reale dei danni subiti dalle vittime nelle zone colpite dall’emergenza può essere l’esistenza di problemi strutturali e la miseria. In simili crisi è l’insieme delle strutture socio-economiche e politiche di un paese che deve essere riorganizzato. La mancanza di pioggia spesso non è che l’ultimo elemento di una serie di gravi carenze che fa precipitare il tutto.
La cosa che ci deve fare riflettere è che ogni anno aumentano i disastri naturali.
Secondo l'Organizzazione meteorologica mondiale delle Nazioni Unite, il 2004 è stato l'anno delle catastrofi. La stagione atlantica degli uragani del 2004 ne ha contati quindici, quando la media storica è di circa dieci. E in alcune zone “tranquille” si sono verificate per la prima volta uragani, come per esempio in Brasile nel marzo dell’anno scorso: Sebbene le condizioni climatiche nell'Atlantico meridionale non favoriscano l'insorgenza di questi eventi, questo uragano è stato il primo documentato in quella regione.
L'evidenza sta lì a dimostrare che la frequenza e l'intensità dei disastri naturali sono andate crescendo negli ultimi anni. E, come ho già detto, l'uomo è sicuramente responsabile dell'entità degli effetti delle calamità naturali.
La ricerca scientifica ci dice che il cambiamento del clima e la sua accresciuta variabilità comportano impatti ambientali: aumento del livello dei mari; alterazioni nella disponibilità e qualità dell'aria, acqua e del suolo; aumento degli eventi climatici estremi. La distruzione delle foreste di mangrovie, l'inquinamento che ha indebolito le barriere coralline, l'erosione delle spiagge favorita dal dissesto idrogeologico, in generale la maggiore vulnerabilità delle coste hanno amplificato le conseguenze dello tsunami che ha colpito il 26 dicembre dello scorso anno le regioni che si affacciano sull'Oceano indiano e che è stato da alcuni definito come il peggiore disastro naturale che il mondo abbia conosciuto nel corso della sua storia.
La scienza, per quanto riguarda gli uragani, può fare qualcosa: infatti dal 1966, cioè da quando i satelliti geostazionari hanno iniziato sistematiche rilevazioni, è possibile studiare e prevedere la traiettoria degli uragani e avvisare i cittadini che si trovano in pericolo, evacuando i luoghi sui quali passerà il tifone. Gli studiosi non sono ancora in grado di prevedere il momento e il luogo in cui si formerà un tornado ma recenti ricerche hanno dimostrato che le probabilità sono maggiori quando l' aria calda si apre un varco all' interno di una massa sovrastante fredda. La collisione tra le due masse causa la formazione di forti correnti ascensionali che originano turbolente nubi temporalesche dette cumulonembi.
Per quanto riguarda i terremoti è possibile monitorare la terra ed i suoi movimenti. In seguito al disastro che ha colpito il sudest asiatico il 26 dicembre, provocando la morte di oltre 250mila persone, si parla di prevenzione delle catastrofi naturali. E' nato infatti GEO, un sistema di monitoraggio e di allerta che permetterà di ridurre al massimo le vittime di eventi estremi come il maremoto del sud est asiatico. GEO, il Gruppo Intergovernativo sulle Osservazioni della Terra, è stato costituito due anni fa a seguito del Summit mondiale di Washington del 2003. In questi ultimi mesi GEO ha elaborato un piano decennale per la prevenzione di tali disastri. L'obiettivo di questo gruppo è infatti la creazione di un "Sistema dei sistemi" per la costruzione di una rete informativa che operi regolarmente e continuamente, capace di monitorare costantemente l'ambiente terrestre ad ogni scala. Una rete di boe ancorate negli oceani che trasmettono in tempo reale ogni minima variazione di posizione ad alcuni satelliti che, collegati con una centrale operativa, forniscono informazioni vitali per lo studio dei movimenti delle placche terrestri e delle relative conseguenze.
Forse oggi ci troviamo a dover correggere errori che abbiamo commesso nel cammino del progresso scientifico. Mi riferisco per esempio ai test atomici sotterranei dell'India nello stesso oceano o addirittura quelli francesi al largo della Polinesia. E all’effetto serra che indebolisce la fascia dell’ozono e che crea squilibri nell’atmosfera, originando tempeste e tornadi. Ma il fatto positivo è che adesso ci si sta rendendo conto che il prezzo che stiamo pagando è molto alto e cerchiamo di correre ai ripari. Un terremoto non si può evitare, ma studiando i movimenti della crosta terrestre si può intervenire per limitare i danni alla popolazione.
La scienza non può vincere la natura, ma almeno può, anzi deve servire per evitare che una tragedia come quella dello scorso dicembre si verifichi di nuovo. Allora si che si potrà parlare di vero progresso scientifico a favore dell’umanità.