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L’anno 1989 – il grande cambiamento democratico negli paesi “ex – comunisti”.

INTRODUZIONE

Si scrive anno 1989. Possiamo dire che quest’anno è un anno di miracoli, almeno per la gente dell’Europa Centrale e dell’Est. Oggi alcune di queste persone si trovano faccia a faccia con la disoccupazione, la criminalità, la corruzione e si chiedono: per questo abbiamo fatto la rivoluzione? Forse per qualcuno di loro l’anno 1989 non conta come l’anno di inizio della democrazia, della vita senza paura, di grandi possibilità per la vita sociale, senza censura nei mass media. La gente ha dimenticato subito le file per le banane, i timbri per il permesso viaggiare all’estero, la possibilità di studiare solo per i figli dei comunisti.
Per sempre l’anno 1989 sarà scritto nella storia dell’ex - Cecoslovacchia, oggi Repubblica Ceca e Repubblica Slovacca, ma anche per tutto il blocco comunista – Sovietico, come l’anno di gran cambiamento politico, democratico, sociale. Con questo anno finisce in Europa il governo comunista, che dal 1948 è stato proclamato nei paesi della Cecoslovacchia, Polonia, l’Ungheria, Romania, Bulgaria e Repubblica democratica Tedesca, definito come socialista o capitalismo statale. Questi stati alla fine degli anni ‘80 hanno lottato per la democrazia, per la libertà. Con il mio lavoro intendo fare una riflessione sulla parola democrazia e in particolare riferirmi a questo famoso anno, chiedendomi che cosa hanno apportato i mass media, come hanno seguito il cambiamento politico che stava avvenendo. La natura della comunicazione proviene dal sistema politico. Questa regola fondamentale era valida sempre. Negli anni rivoluzionari, i mass media, in Cecoslovacchia e anche negli altri paesi, hanno contribuito alla rovina di un sistema politico e instaurando una nuova strada per una politica più democratica di quanto non fosse il comunismo.


Capitolo primo
LA DEMOCRAZIA


La democrazia è un sistema basato sul governo della maggioranza, nel rispetto dei diritti delle minoranze. “La parola democrazia ha avuto origine in Grecia, nel V secolo avanti Cristo.” Se una società è troppo omogenea o disomogenea si rischia di far saltare l’equilibrio che intercorre tra maggioranza ed opposizione.

In questo secolo si è passati da un equilibrio sincronico ad uno diacronico, il primo è caratterizzato da un bilanciamento dei poteri, mentre nel secondo viene applicata la cosiddetta oscillazione del pendolo che alterna periodi di governo da una parte all’altra dello schieramento, mantenendo l’ordine.

1. La democrazia nei tempi moderni

Nei tempi moderni le norme costituzionali diventano armi per la conquista del potere, mentre nel 19° secolo garantivano il potere. Per arginare questo fenomeno occorsero nuovi strumenti per tutelare la stabilità, mezzi trovati nella rigidità costituzionale; ciò garantisce che le regole del gioco siano uguali per tutti e siano superiori alle singole volontà dei giocatori. Si è creato un sistema che rendesse più ostica la modifica della costituzione, sistema che prevede il coinvolgimento delle minoranze.
Le democrazie popolari e le repubbliche democratiche si rifanno anch’esse al diritto di autogovernarsi da parte del popolo; profondamente diversa è, tuttavia, la loro concezione di popolo e del modo in cui esso può esprimere la propria volontà.
Per queste democrazie, il popolo è il proletariato, nel cui nome si è compiuta la rivoluzione sociale e politica, donde il regime è sorto: è quindi inconcepibile che ai nemici del popolo venga riconosciuto il diritto di pronunciarsi. Il popolo si manifesta attraverso il partito, che da esso è nato e che nello stesso tempo gli fa da guida. La struttura piramidale del partito assicura, teoricamente, la trasmissione della volontà popolare fino al vertice e la ritrasmissione della sintesi di tale volontà popolare da questo alla base. Non può esistere opposizione, dato che opporsi al partito equivale a opporsi al popolo e i dissidenti vengono considerati fuori della comunità. Ogni restrizione della libertà di esprimersi o di agire, fino al potere assoluto dei quadri del partito, o del suo capo, è considerata democratica, perché voluta dal popolo, che si esprime attraverso il partito, e destinata ad assicurare la salvaguardia del regime democratico popolare. In pratica, i paesi che affermarono nei loro testi costituzionali di reggersi secondo una forma di democrazia socialista, furono innanzitutto l’Unione Sovietica, la prima Federazione Iugoslava e la Cecoslovacchia, regimi attualmente disciolti. In altri paesi, dopo la seconda guerra mondiale, si instaurarono forme di governo anch’esse ispirate alle dottrine di Marx e di Lenin, dette democrazie popolari o progressive.

La differenza fra questi due tipi di democrazia sta principalmente nel fatto che le democrazie socialiste erano caratterizzate dall’esistenza di un partito unico, omogeneo, il partito comunista, mentre nell’altro caso era al potere una coalizione di forze risultanti dall’unificazione di diversi partiti, esprimenti interessi di diverse categorie sociali ed economiche, benché tutti fondamentalmente affini.
La rapida esposizione delle diverse forme di democrazia succedutesi dall’antichità ai nostri giorni mostra quanto sia difficile trovarne una definizione comune: il concetto di popolo in una data società politica può variare e addirittura escludere l’una o l’altra parte della popolazione. Non sembra possibile quindi fissare un elenco preciso delle forme che la sovranità popolare e il suo modo di esprimersi possono assumere di volta in volta. Ogni democrazia, infine, è permanentemente esposta al duplice pericolo di cedere il potere a una o più caste, o di abbandonarlo nelle mani di un dittatore o di un partito.
In mancanza di una definizione assoluta, è possibile almeno stabilire ciò che la democrazia non deve essere: non deve essere l’asservimento dello Stato, più o meno consapevole, a una casta, a un partito, a un gruppo, a un individuo; non deve essere, in nome della libertà, il dissolvimento anarchico di tutti i legami e di tutte le gerarchie. Deve permettere l’espressione effettiva e libera della volontà di tutti gli individui retti dallo Stato, al quale spetta, una volta espresse e rese note tali volontà, distinguere fra tutte quella della maggioranza e applicarla nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, riconosciuti e garantiti a tutti. Ciò presuppone la difficile conciliazione di libertà, uguaglianza e autorità; presuppone, altresì, che la democrazia, almeno come tendenza astratta, sia il governo dei migliori.

2. Democratizzazione dell’Europa est

Una data molto importante è il 1989, anno in cui la democratizzazione è graduale ed è anche l’unica scelta che si possono fare. Tale processo non è rapido e occorrono 10 anni di preparazione sotterranea. Il processo si dissemina nei seguenti paesi: Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, Romania, Bulgaria, ma non ha preso la Germania orientale.
Iniziato in Polonia con il movimento Solidarnosh, si è stabilizzato in 10 mesi, a differenza dell’Ungheria che ha richiesto poche settimane.

Le manifestazioni a Bucarest e tutte le televisioni del mondo l’hanno rappresentato come un evento drammatico.
Questo processo è durato abbastanza: per la Cecoslovacchia 10 settimane, per la Romania e Bulgaria fino alla rivoluzione (10 ore), ma non si è avuta un’esperienza democratica.
Vi sono alcune realtà come la Bulgaria, che era sotto un regime totalitario, a differenza d’altri paesi più liberi, ma sotto regime autoritari come la Polonia, che aveva uno spazio di libertà civica maggiore.
La differenza tra la Polonia e l’Ungheria è che la prima è stata organizzata con personalità politiche forti come Solidarnosh, mentre per l’Ungheria vi fu una rivoluzione tecnocratica.
La situazione della Germania Orientale è diversa in quanto vi è contemporaneamente un processo d’unione; senza un certo dialogo si giungerà alla democratizzazione di un paese.
Nel 1968 vi è stato il primo evento di democratizzazione: la primavera di Praga dopo di cui si è creato un sistema di controllo forte, come in Cecoslovacchia, e il sistema schiacciò l’opinione di modo tale che nessuno si volesse più pronunciare.
Esistono delle tradizioni storiche diverse, come in Cecoslovacchia prima della II guerra mondiale: Praga era un centro culturale non indifferente.
Dopo la II guerra mondiale, vi fu la scissione tra la Repubblica Ceca e quella Slovacca, e in quest’ultima i comunisti salirono al potere grazie alle elezioni e addirittura chiesero di essere inglobati nella Russia come sedicesima nazione.
Le strutture preesistenti, anche se largamente distrutte, diedero un impulso allo sviluppo mentre le regioni del Sud ebbero maggiori problemi. Esistono difficoltà nella Slovacchia quanto alla stabilizzazione della democrazia, a differenza degli altri paesi che l’hanno già raggiunta. Dopo il patto di Varsavia, nella Repubblica Slovacca, il leader del partito di maggioranza provò ad istituire una dittatura.


Capitolo secondo
I MASS MEDIA E L’ANNO 1989


Gianpietro Mazzoleni definisce i mass media così: “Una fonte di potere; uno strumento di influenza, controllo e innovazione nella società il mezzo primario di trasmissione e la fonte di informazione indispensabili al funzionamento di quasi tutte le istituzioni sociali.”
I mass media durante il comunismo erano controllati dal governo. Non esisteva un campo massmediale privato: TV, radio, giornale erano statali. Nel telegiornale vi erano notizie che riguardavano solo il campo politico dei comunisti, qualche volta anche notizie dall’estero (Europa occidentale, USA), ma di solito erano notizie negative – disoccupazione, attentati, guerre.
Le persone volevano avere informazioni attendibili e hanno cercato nelle emittenti estere che trasmettevano in lingua madre. Ascoltare questa radio era molto pericoloso. Le persone erano perseguitate – avevano problemi nel lavoro, i bambini non potevano studiare nelle scuole che sceglievano. Molto popolari in questo tempo di guerra fredda erano le emittenti come Europa Libera (Free Europe), Voce della America (Voce of America) e Radio Vaticana.
I Giornali erano nella stessa situazione di TV e Radio: controllate dal governo. Quasi tutti i quotidiani nazionali (almeno nella Cecoslovacchia) come Rudé právo (Diritto roso), Práca (Lavoro), Pravda (Verità), Sme (Siamo) furono messi nella stessa via comunista.
Nell’anno 1988 comincia a uscire un quotidiano – Lidové noviny (Giornale del popolo). Giornale, che non era controllato dal governo – solo poche copie.

Certamente, quel numero di copie non poteva soddisfare il mercato Cecoslovacco.
I media erano sotto il governo statale, ma anche in questa posizione hanno fatto un grande lavoro.

Il fatto che non tutti i cittadini siano interessati alla politica e che nulla li obblighi, in una democrazia, ad esserlo, rende l’informazione politica dei media doppiamente vulnerabile: da una parte essa deve fare i conti con una dura competizione di altre ben più appetibili informazioni, e dall’altra deve scendere a compromessi con l’esigenza di spettacolarizzare la politica per renderla interessante, rischiando così di trascurare i suoi compiti democratici. I mass media in Cecoslovacchia non sono stati seguiti cosi tanto, come durante i cambiamenti politici in Europa centrale nel 1989 e 1990.
Un giovane slovacco che in quei tempi di cambiamento prestava servizio militare racconta: “Il Telegiornale di Televisione Cecoslovacca, che era qualche giorno fa obbligatorio, è vietato.”
I media sono stati capaci di riunire il popolo sotto il comunismo per adunarsi nelle piazze e strade delle città. Ogni giorno vi erano in diretta in TV e radio le dimostrazioni nelle diverse città Cecoslovacche. I mass media hanno portato diverse proclamazioni delle parti politiche, che erano nascoste durante il comunismo, oppure fondate da poco.
Un paio di volte al giorno sono usciti giornali e quotidiani – come edizione straordinaria. Sono stati creati nuovi quotidiani – Zmena (Cambiamento), Extra, Nový Čas (Nuovo Tempo) le riviste settimanali Reflex, Týden (Settimana).
Esattamente i media hanno annunciato al popolo cecoslovacco che il governo dei comunisti non esiste più, che in Cecoslovacchia è arrivata la democrazia, che nel maggio 1990 vi sarebbero state le prime elezioni parlamentari democratiche dopo il 1948, quando vi era il comunismo in Europa Centrale. Sono i media, che hanno annunciato, che il 27 novembre 1989 vi sarebbe stato lo sciopero generale in Cecoslovacchia.

1. Radio Vaticana – sessione slovacca

La Radio Vaticana per tanti anni era per i Cechi e Slovacchi un radio che, con le onde, porta la libertà, la democrazia. Che cosa potevano ascoltare gli ascoltatori della radio Vaticana?
Radio Vaticana è una radio che porta la voce del Santo Padre. Possiamo dire che era fra le prime radio dell’Europa occidentale, che ha cominciato a trasmettere i suoi programmi nella lingua slovacca e ceca – per il popolo Cecoslovacco.
Il programma in lingua slovacca nella Radio Vaticana non è dedicato proprio agli eventi dell’Europa Centrale. Le notizie erano prese solo dalle agenzie e quasi tutti i programmi erano dedicati alla Chiesa cattolica. Devo sottolineare, che il programma nella lingua slovacca si trasmette solo 15 minuti al giorno.
Certamente erano programmi, che riflettevano il grande cambiamento politico in Europa Centrale.

Il 5 dicembre 1989 è stato trasmessa un’intervista al seminarista Mikuláš, che ha parlato dal collegio Nepomucenum di Roma, dove abitava.

Tutte le notizie che sono arrivate da casa nei giorni precedenti, erano per noi, ma non solo per noi, veramente sorprendenti. La sala TV del Collegio Nepomucenum a Roma durante il Telegiornale era ogni giorno pienissima. Erano là non solo i nostri seminaristi, anche i seminaristi e i preti delle altre nazioni, che abitano in collegio. Gli avvenimenti in Europa centrale hanno attirato anche gente di altri paesi nel mondo. Significa che tali movimenti politici sono stati osservati da tutto il mondo. I mass media hanno portato buone notizie e anche felicità.
Il 10 dicembre 1989 la Radio Vaticana si interessa di comunismo – perché è caduto e quasi è finito come sistema politico in Europa. Decadenza politica, sociale e economica. Il titolo è: “Comunismo, ultima religione.”
Il 4 gennaio 1990, la Radio Vaticana si interessa dell’anno 1989. “L’idea principale era il cambiamento politico nei paesi sotto il comunismo.”
La Radio Vaticana trasmette fino ad oggi nella lingua slovacca. Oggi non si deve avere la paura di ascoltare Radio Vaticana. Alcune radio private in Slovacchia aiutano a trasmettere le sue onde in Slovacchia. La Radio Vaticana rappresentava per il popolo Ceco e Slovacco una libertà, la democrazia, la istituzione che batte il comunismo. Non c’è più il comunismo, ma quando si sente la sigla di Radio Vaticana, c’è una grande considerazione per questa realtà.

2. L’Osservatore Romano

“Il giornale è il più antico strumento di informazione politica e anche il primo mezzo che si è confrontato e scontrato con il potere politico.”
L’Osservatore Romano, quotidiano Vaticano, ha riportato notizie dell’Europa centrale, proprio in prima pagina. In Cecoslovacchia il cambiamento politico è cominciato 17 novembre 1989 sera, con una dimostrazione degli studenti a Praga. L’Osservatore Romano riporta in prima pagina, Domenica 19 novembre 1989: “Cinquantamila persone in piazza a Praga. Violenti scontri tra polizia e studenti.” Qui precisamente si raccontano gli eventi di Praga.
Quasi ogni giorno questo quotidiano del Vaticano ha riportato le notizie della Cecoslovacchia. Segue gli eventi in Cecoslovacchia.

Gli eventi sono scritti in maniera precisa, e ciò significa che la persona che li iscrive si trova a Praga.
“Dopo la Polonia e l’Ungheria, anche la Cecoslovacchia ha messo fine all’egemonia del partito comunista." Così il quotidiano Vaticano segna gli ultimi momenti del regime comunistica in Cecoslovacchia.
Il giornale Vaticano segue eventi politici, democratici, sociali nei paesi sotto il comunismo. Per elencare tutti gli articoli dedicati ai cambiamenti in Europa di fine anno 1989 non c’è spazio. Anche grazie all’Osservatore Romano, posso immaginare che la stampa dell’estero è seguita e i lettori sono informati dei principali eventi dell’Europa Centrale e dell’Est.

CONCLUSIONE

I mass media sono una fonte di potere, una fonte importante per definire immagini della realtà sociale, fonte di un sistema di significati per la sfera pubblica. Possiamo vedere, come i mass media servano per la comunicazione politica. Grazie ai mass media si è conosciuto il grande movimento politico dell’Europa Centrale e dell’Est. La democrazia socialista non è vera democrazia; fra poco cambia vita in Europa. La TV in diretta ha portato per tutto il mondo l’immagine di dimostrazioni nelle piazze strade di paesi sotto il comunismo. Sono i media che hanno avvicinato la gente alla fine degli anni 80.
Con il mio lavoro volevo fare un riflessione sulla parola democrazia e in particolare riferirmi al famoso anno dell’89, e inoltre, che cosa hanno apportato i mass media, come hanno determinato il cambiamento politico. Forse non lo sappiamo, ma i mass media influenzano il nostro pensiero, la nostra vita. Ogni sistema politico si impegna ad avere in mano i mezzi di comunicazione, come strumento per condizionare le idee. Non sempre si riesce a fare questo, specialmente sotto l’influenza delle emittenti straniere. I mass media possono sconvolgere un governo.
Gli eventi in Europa centrale e dell’Est erano sotto gli occhi dell’Europa occidentale grazie ai mass media e ai giornalisti. Forse anche per questo è cambiato tutto anche in Romania, dove per la vera democrazia e libertà hanno perso la vita centinaia di persone.

Zdroje:
GALLINO Luciano, Democrazia, in L. GALLINO, Dizionario sociologia, Milano, TEA, 1993, 207 - 214. -
KAPUSTA Pavel, Desať rokov po ..., in «Extra», 18 – 24 Novembre 1999, 1. -
MAZZOLENI Giampiero, La comunicazione politica, Bologna, Il Mulino, 1998. -
Cinquantamila persone in piazza a Praga. Violenti scontri tra polizia e studenti, in «L’Osservatore Romano», 19 Novembre 1989, 1. -
Il Premier cecoslovacco accetta alcune richieste dell’opposizione, in «L’Osservatore Romano», 30 Novembre 1989, 1. -
Radio Vaticana, sessione Slovacca, 5.12.1989. -
Radio Vaticana, sessione Slovacca, 10.12.1989. -
Radio Vaticana, sessione Slovacca, 4.1.1990. -

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